29 giugno 2008

Commento su L'espresso “Ma la stampa che fa per la nostra democrazia?” (Francesco Polverini)

Raffaele Innato ha scritto: 27 Giugno, 2008 18:50
Conviene sempre precisare il significato del termine in discussione. Democrazia: “concezione politica fondata sui principi della sovranità popolare, dell’uguaglianza giuridica dei cittadini, dell’attribuzione di diritti e doveri sanciti dalla costituzione. La nostra democrazia è esercitata per mezzo di rappresentanti liberamente eletti”. La funzione democratica viene esercitata da tre poteri con compiti diversi. Legislativa crea le norme che disciplinano la vita degli individui sottoposti all’autorità statale che regolano tutti i rapporti sociali. Esecutiva tende a far eseguire praticamente la volontà dello Stato per il raggiungimento dei suoi fini. Giurisdizionale mira a difendere l’ordinamento giuridico contro qualsiasi violazione che venga compiuta sull’interpretazione e sull’applicazione delle leggi.
Riassumendo, i cittadini votano liberamente i parlamentari per essere rappresentati, questi formano il Governo che dovrebbe eseguire la volontà del popolo sovrano, sotto l’occhio attento del potere giuridico a garanzia della giustizia e della democrazia. Spiegato così fila tutto liscio. Invece, succede che il popolo non ha la possibilità di proporre leggi direttamente, se non attraverso organismi chiamati partiti che hanno la funzione di delegati del popolo. I quali a loro volta si alleano con altri partiti per formare delle coalizioni per vincere le elezioni, per attuare un programma di maggioranza a discapito del programma dell’opposizione, votata comunque dal popolo sovrano. Nella stessa maggioranza ci sono forze o partiti che pur avendo un bassissimo consenso, riescono a condizionare leggi, che il più delle volte sono contrarie al volere del popolo sovrano tutto. E’ evidente che siamo di fronte ad una democrazia limitata, sia perché il popolo non decide direttamente e sia perché chi li rappresenta non attua la reale volontà popolare. Allora, per avere una vera democrazia, si dovrebbe responsabilizzare il popolo a prendere, almeno, le decisioni più importanti direttamente, attraverso la conoscenza del diritto costituzionale, che dovrebbe essere impartito e spiegato fin dalla prima elementare a scuola. Ricevere la patente di diritto che gli servirà per votare non per sentito dire, ma perché a conoscenza della Costituzione. Esempio, se si vuole cambiare l’ordinamento scolastico o il sistema d’insegnamento, ogni individuo patentato dovrebbe segnalare la propria proposta scritta e firmata ad un organismo, preposto all’accoglimento delle proposte liberamente eletto per capacità meritorie, che possa raccoglierle tutte e dopo accurata consultazione sottoporle a definizione di una o più proposte da segnalare come proposta di legge, dopo aver consultato gli stessi propositori che devono approvarla a maggioranza. Quindi, non una proposta di legge nata da uno o più parlamentari per volere di qualche interesse di lobby, ma da centinaia di migliaia di persone che hanno buona conoscenza del problema per interesse della società. Certo, rispondendo nel merito alla lettera di Francesco, bisogna dire che una buona e sana informazione della stampa, con fascicoli, cd o dvd che sappiano parlare anche al popolo poco informato e interessato, potrebbe essere un’aiuto a questa democrazia non proprio democratica. Però, non possiamo caricare la stampa, che ha tanti difetti compreso quello di filtrare notizie, di responsabilità ulteriori, quando la prima informazione culturale tocca alla scuola e alla società. Ci preoccupiamo di sostenere materie e insegnanti di religione, che hanno già una loro sede naturale, la chiesa ed il Vaticano, e non teniamo in seria considerazione le materie che servono a formare laicamente l’individuo, che avrà l’onere di lavorare e la responsabilità di decisioni e di scelte che serviranno alla sopravvivenza dell’uomo e alla sua continuità materiale della sua esistenza. Lasciando democraticamente ad ognuno di rispondere sul proprio operato alla sua coscienza.

Raffaele Innato ha scritto: 29 Giugno, 2008 16:08
>A59
Per una maggiore informazione chiarificatrice e democratica: l’inchiesta di Brescia e i retroscena sulle dimissioni.Dopo questi anni di protagonismo, sono partite contro Di Pietro diverse indagini giudiziarie, tutte risolte in assoluzioni piene o archiviazioni. Nel 1995 viene indagato dal sostituto procuratore di Brescia Fabio Salamone, ipotizzando reati di concussione e abuso d’ufficio in seguito a dichiarazioni rese dal generale Cerciello (sotto accusa in un processo sulla corruzione della guardia di finanza) ma il giudice per le indagini preliminari archivia il procedimento.Una seconda indagine viene aperta sempre a Brescia sulla base di affermazioni dall’avvocato Carlo Taormina (allora difensore del generale Cerciello), la testimonianza di Giancarlo Gorrini e dossier anonimi su presunti traffici illeciti tra l’ex pm e una società di assicurazioni. L’inchiesta successivamente prende una strada completamente diversa e il pm Salamone arriva ad ipotizzare un complotto finalizzato a far dimettere Di Pietro per mezzo di ricatti e dossier anonimi. Per fare luce sulla vicenda il pm interroga gli ispettori ministeriali Dinacci e De Biase, i ministri Alfredo Biondi, Cesare Previti e il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, mentre suo fratello Paolo viene indagato per estorsione. Secondo le ricostruzioni dei pm tutto iniziò il giorno dell’avviso di garanzia a Silvio Berlusconi mentre partecipava alla conferenza dell’Onu sulla criminalità, Previti avrebbe telefonato all’ispettore ministeriale Dinacci e l’avrebbe messo in contatto con Gorrini il quale si sarebbe presentato lo stesso giorno all’ispettorato per presentare le sue documentazioni contro Di Pietro. Questo avveniva il 23 novembre. Il 29 il ministro Alfredo Biondi ha ordinato di aprire l’inchiesta su Di Pietro. Il 6 ottobre Di Pietro annuncia le dimissioni ed il 10 l’inchiesta viene archiviata. È allora che Salamone mette sotto controllo diversi telefoni e dalle telefonate di Gorrini sulla vicenda emerge il nome di Paolo Berlusconi, suo conoscente e l’incriminazione per lo stesso. Successivamente vengono incriminati anche Cesare Previti, Sergio Cusani per estorsione e lo stesso Silvio Berlusconi per estorsione ed attentato ai diritti politici del cittadino. In questa inchiesta emerge l’esistenza di un dossier del SISDE su Di Pietro chiamato “Achille”.Il 18 Ottobre 1996 mentre è ancora in corso il processo sul presunto complotto contro Di Pietro la procura generale di Brescia rimuove dall’incarico i pm Salamone e Bonfigli per una presunta “grave inimicizia” con Di Pietro che “giunge al livello di pervicace odio privato” e il successivo ricorso in cassazione di Salamone contro la decisione della procura non gli dà ragione. Il 21 gennaio 1997 il procuratore che prende il posto di Salamone (Raimondo Giustozzi) chiede subito l’assoluzione per tutti gli imputati ed è quello che avverrà successivamente.La prima chiamata in politicaNel 1994, quando il Governo Berlusconi I era in formazione, Silvio Berlusconi propose a Di Pietro il ministero dell’Interno; Di Pietro rifiutò in quanto intendeva proseguire il suo lavoro in Magistratura, si dice su consiglio di Scalfaro e Borrelli. Tuttavia, durante la campagna elettorale per le Politiche del 2006, Berlusconi ha rinnegato di aver mai fatto tale offerta (contraddicendo però ciò che aveva lui stesso riferito nel gennaio 1996). Nel luglio del 1995 in un interrogatorio presso la procura di Brescia circa i suoi rapporti con Di Pietro, Silvio Berlusconi riferì di aver proposto al magistrato la direzione dei servizi segreti.Nel 1996 chiamato da Romano Prodi accetta di divenire ministro nel suo Governo sostenuto dalla coalizione dell’Ulivo, appena insediatosi dopo la vittoria nelle elezioni politiche di aprile.L’incarico affidatogli è il Ministero dei Lavori pubblici, ma decide di presentare le sue dimissioni dopo sei mesi, il giorno dopo in cui gli viene notificata da Brescia una nuova indagine nei suoi confronti (avviso di garanzia). Prodi respinge le dimissioni, ma Di Pietro non vuole tornare sui suoi passi. Verrà poi assolto dai 27 capi di accusa in tutti e dieci i processi perché il fatto non sussiste.A fine 1997 si tengono le elezioni suppletive e Di Pietro accetta la candidatura per un seggio al senato offerta dall’Ulivo al collegio uninominale del Mugello in Toscana, dove nella precedente votazione la coalizione aveva vinto con il 66,5% dei consensi. Gli avversari, Giuliano Ferrara per la coalizione di Silvio Berlusconi, Sandro Curzi per Rifondazione comunista, che nel 1996 non si era presentata da sola, e Franco Checcacci per la Lega Nord, vengono battuti da Di Pietro, che ottiene il 67,8% dei voti. Diventa così senatore e, come indipendente, aderisce al gruppo misto.Dopo alcuni mesi, nel marzo 1998, fonda un suo movimento, Italia dei Valori.La differenza sostanziale tra Di Pietro e Silvio Berlusconi è che se il primo è chiamato in giudizio, dà subito le dimissioni da incarichi istituzionali e si difende in aula. Mentre il secondo usa l’incarico per farsi leggi ad personam e difendersi dalle accuse, che spesso vanno in prescrizione.

1 commento:

Anonimo ha detto...

A59:
30 Giugno, 2008 00:48
>Raffaele, che stimo, La tua ricostruzione non fa una grinza solo che io penso questo, se un ministro delle infrastrutture crea una società in Bulgaria con un socio al quale poi appalta i lavori, non credi che un minimo di conflitto di interessi ci sia? E le tasse dove le paga? Un pò di onestà intellettuale che non ti difetta sarebbe apprezzata, non è una reprimenda ma una speranza.