14 giugno 2008

Viviamo di percezione?

E' diventato luogo comune parlare il linguaggio della percezione. La percezione è l'atto con cui si acquisisce la consapevolezza e la conoscenza di una realtà esterna mediante i sensi, la sensazione d'intuire quello che sta accadendo o quello che può accadere, presentimento. Ci sono stati studi sulla psicologia Gestalt (forma), poi sostituiti dal cognitivismo. Resta il fatto, che con tutte le tecnologie e gli studi di ricerca avanzate, ci affidiamo ancora alla percezione. Lo stesso accade quando ci affidiamo alla magia, o al paranormale o alla stessa astrologia. Pur sapendo che non hanno nessuna base scientifica e che non combaciano con la realtà, molta gente si affida all'astratto (politici, attori, dirigenti, funzionari, giornalisti, casalinghe...), la lista numerica pare allungarsi sempre più. C'è un omicidio, senza avere elementi di prova, si sentenzia il colpevole. C'è un incidente, si dà subito la colpa a qualcuno o a qualcosa che non c'è mai stato. C'è un incontro sportivo si presuppone già il vincitore. Una notizia di una tragedia, per molti era una notizia scontata. Si uccide qualcuno, solo per il fatto che lo si era percepito come un nemico da battere. Si sono commessi e si commettono stragi e guerre durature perchè percepite a fin di bene. E' evidente che ci stiamo allontanando sempre di più dalla realtà dell'essere, viaggiamo verso una meta sconosciuta e illusoria, ma che immaginiamo di conoscere come la salvezza o la condanna della nostra esistenza. Già dalle diverse credenze e dalle religioni si è voluti costruire un mondo irreale, dove a tutti è permesso attingere la propria percezione di benessere o di malessere. Sarà che la nostra vita somigli ad un sogno perchè siamo di passaggio, o forse viviamo in una dimensione diversa da come la vediamo? Io credo, per il nostro bene, che sarebbe meglio fare come San Tommaso "se non vedo non credo o se non tocco non sento". Altrimenti, ho proprio la percezione che non andremo molto lontano.

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