26 maggio 2008

Commento su L'espresso "Benedetto Sessantotto, vorrei che tornassi" (Duilio Canova)

Raffaele Innato ha scritto: 26 Maggio, 2008 12:54
La contestazione di per sè è sempre motivata da una ribellione verso qualcosa che ci circonda e che ci opprime. C’è la contestazione personale che si limita a essere circoscritta nel proprio nucleo. Mentre, c’è la contestazione generale che prende molta parte della società oppressa. La contestazione sana è quella che dovrebbe riguardare l’interesse di tutti, per migliorare una condizione di vita malsana. La contestazione insana, fine a se stessa, è quella che ripone gli interessi di pochi gruppi a danno di tutti gli altri. La contestazione nata nel ‘68, faceva parte di quella sana, perchè si prefiggeva ideali di uguaglianza, di pace e di libertà dei popoli. Il movimento di milioni di persone, studenti e lavoratori, nasceva da una società che prefigurava, il rispetto e l’ossequio verso istituzioni rigide, che riconoscevano più le figure che i valori. Non c’era spazio di crescita per quelli che facevano parte della massa. Perciò, quando si sono evidenziati i primi movimenti di ribellione, è stato terreno facile coinvolgere la massa di persone che non aspettava altro per rivendicare i propri diritti. Ma, come molti di noi sanno, i movimenti di massa non sono ben accolti dai gruppi di potere, per le ragioni che ben possiamo immaginare. Allora, si fanno nascere le tensioni, con varie strategie, per delegittimare coloro che cercano una giusta rivendicazione. E, con il buonismo dei potenti, si porta il movimento a regredire sulle posizioni rivendicate, facendo come la fisarmonica, prima si apre a prendere aria e poi si stringe per farla uscire, fino a chiudere la musica.Dare la colpa al ‘68 per quello che sta succedendo ora è una banale bugia. Siccome questa nuova generazione non riesce a mobilitarsi per un ideale concreto, perchè imbambolata dai nuovi aggeggi miracolosi che rendono la vita virtuale, non trovano di meglio che contestare un ‘68, che ha avuto il grande merito di rivoluzionare la cultura e il modo di porsi del popolo, scardinando quei tabù che incancrenivano la vita reale. Il suo demerito, se di demerito si può parlare, è stato quello di farsi soggiogare dalle devianze, che ti fanno vedere quello che interessa loro farti vedere.Finalmente, ho capito che per A59, s’intende l’anno di nascita. Bisogna essere molto pazienti e obiettivi per valutare bene gli avvenimenti. Anch’io ho iniziato a 5 anni la scuola, un pò prima di te e con un ambiente più greve, caro Alessandro.

1 commento:

Anonimo ha detto...

A59:
26 Maggio, 2008 14:22
> Raffaele
un piacere ritrovarti, ogni tanto vado anche a vedere il tuo blog, hai sempre parole misurate, vorrei solo chiarire ancora una cosa, io non imputo al 68 in quanto tale il degrado nel quale ci dibattiamo, solo ritengo che l’uso strumentale che ne è stato fatto anche in buona fede ha generato le abberrazioni attuali.
Ho portato la mia personale esperienza, che alofs 28 ha subito riconosciuto come generazionale, perchè quella è stata la vita di milioni di giovani, si esibivano come simboli indumenti che rispetto alle griffe odierne avevano solo la variabile del prezzo finale (alla fonte un Dior costa come una cineseria).
Eravamo intruppati nelle nostre divise verde militare, ci sentivamo emuli del “Che” abusato come e più di Marylin, cantavamo il pueblo unido e per quei tre minuti di libertà partecipata a pugno alzato, ci toccavano 2 ore di noiosissima musica andina fatta di zufoli e tamburi, loro cantavano (e guadagnavano) e in Chile Victor Jara moriva, con le dita tagliate, nello stadio di Santiago.
Noi eravamo il popolo BUE e come ce le hanno propinate bene le storielle, chi provava a scavare veniva segato senza pietà, a differenza di oggi dove è possibile fare cassa in televisione, pianificando il target, in concomitanza delle uscite di libri e dvd. Nei potenti che citi si inserisce anche il monolitismo del PCI, la sua struttura gerachizzata, chi non ricorda la base che 15 anni fa voleva Veltroni e non D’Alema a capo della segreteria, quello che ieri era nuovo oggi non lo è più anche se lo spacciano per tale in ossequio alla struttura di potere, la nuova generazione si sta mobilitando, si riconosce nei vaffa, senza impegno, basta una firma al banchetto o sul web accanto ai banner pubblicitari per sentirsi omologhi nella protesta, no grazie ho già dato.
Un cordiale saluto Raffaele