10 luglio 2008

Commento su L'espresso “La mia piazza Navona e la loro” (Bruno Giordano)

Raffaele Innato ha scritto: 10 Luglio, 2008 12:27
Voglio raccontarvi un aneddoto.
Nei pressi del rione dove io abito, c’era un incrocio pericolosissimo, senza illuminazione, senza segnaletica, senza marciapiedi, veicoli che si tamponavano, alcuni incidenti mortali… Ogni volta che succedeva un incidente, si parlava, si lamentava e s’inveiva contro l’amministrazione comunale che non interveniva a risolvere un problema così grave di una strada trafficatissima e carente di sicurezza.Un bel giorno, dopo ripetuti incidenti, mi sono detto che era il caso di fare un mio intervento diretto da cittadino verso i responsabili dell’amministrazione locale. Mi sono recato al comune, sono entrato negli uffici dei responsabili e ho spiegato il problema annoso di quella strada. Mi hanno risposto che da decenni avvevano già un progetto non finanziato per quell’incrocio, volendo dimostrarmi che si erano occupati già da tempo del problema, ma senza soluzione di sorta. Allora, accertatomi della loro negligenza, mio malgrado, ho dovuto alzare un pò la voce e con tono fermo, gli ho consigliati di muoversi subito, altrimenti, avrei sollevato, con denunce dettagliate e petizioni, un grande interesse da parte dell’opinione pubblica tale da costringerli a dimettersi. Ebbene, ci sono voluti, un paio d’anni, articoli su quotidiani, interviste di tv locali, petizioni, ma alla fine, solo contro tutti, sono riuscito a fare sistemare l’incrocio.
Cosa ho voluto intendere? Che le piazze, i luoghi d’incontro, le assemblee sono tutti benvenuti per una discussione democratica per manifestare dissenso, proposte o idee diverse, ma quello che conta è il nostro atteggiamento quotidiano in tutti i luoghi diversi del territorio di mostrare e lavorare per l’interesse vero della collettività, facendo in modo che si rispettino i diritti e la dignità delle persone, senza bisogno di chiamare inutilmente il politico, l’amministratore, il comico, l’intellettuale di turno ad intervenire solo per ascoltare parole che alla fine rimangono tali, come un ritornello di una bella canzone di Mina: “parole, parole, parole, parole, soltanto parole per me.” E i fatti?

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