06 gennaio 2009

Commento su L'espresso "Hamas e i miei 'pregiudizi' sull'Islam" Gian Paolo Corradi

Raffaele Innato ha scritto: 6 Gennaio, 2009 22:13
Io penso che per esprimere meglio un giudizio sull’eterno conflitto tra arabi palestinesi ed il popolo ebraico, converrebbe conoscere un pò la storia.
Anche per non avere falsi pregiudizi dall’una o dall’altra parte, ma per essere più equilibrati nell’esporre un parere non precostituito da concetti imposti, e basati più sui fatti che non per sentito dire o per esperienza personale ben limitata.
“L’Impero Romano provocò l’espulsione degli Ebrei dalla loro patria o il loro volontario esilio.
Nel VII secolo la regione per mano degli Arabi attrasse nuovi coloni.
La popolazione ebraica, ridottasi a circa 10.000 unità all’inizio del XIX secolo, ricominciò ad aumentare alla fine dell’Ottocento. Fu in quel periodo che si sviluppò il sionismo, movimento nazionale che auspicava la creazione di un’entità politica ebraica in Palestina.Alla fine della prima guerra mondiale, la Società delle Nazioni trasferisce la Palestina sotto il controllo dell’Impero britannico, togliendola all’Impero Ottomano. I Britannici, con la Dichiarazione Balfour, si erano fatti promotori della costituzione di una patria (national home) ebraica in Palestina. Gli arabi si ribelleranno a più riprese, con i moti palestinesi.Ciononostante, a seguito della massiccia immigrazione di popolazioni ebraiche provenienti in gran parte dall’Europa orientale, organizzata per lo più dal movimento sionista, la popolazione ebraica nella regione che poi sarebbe divenuta Israele, passò dalle circa 80.000 unità registrate nel 1918 a 400.000 nel 1936.
A tale movimento migratorio, a partire dal 1935 e sino al 1939, si oppose, anche con la violenza, la maggioranza araba della popolazione locale, dando vita a quella che fu poi definita come Grande rivolta araba (1935-1939): un’esplosione di violenza e terrore tesa sia a rivendicare l’indipendenza dal mandato britannico e la creazione di uno Stato indipendente palestinese, sia la fine dell’immigrazione ebraica e l’espulsione dei nuovi arrivati. Vari movimenti sionisti, dotati di bracci militari clandestini, frattanto, e sin dalla metà degli anni ‘30, passarono ad operare attivamente per la creazione dello Stato d’Israele, operando violenze (a volte con caratteri terroristici) contro gli Arabi di Palestina e le istituzioni britanniche, provocando a loro volta centinaia di morti e feriti. Nel marzo 1939, alla fine della rivolta, secondo fonti britanniche, si contavano tra i caduti circa 5.000 arabi, 400 ebrei e 200 britannici.
Per porre fine alla grande rivolta, nel 1939 l’amministrazione britannica pose forti limitazioni all’immigrazione e alla vendita di terreni a ebrei e respinse le navi cariche di immigranti ebrei in arrivo, purtroppo proprio alla vigilia della Shoah. L’avvento del Nazismo e la tragedia della Shoah portarono a un ulteriore flusso migratorio di ebrei provenienti da diverse nazioni europee incoraggiati anche da Ben Gurion che vedeva nell’immigrazione e nell’aumento della popolazione l’unico mezzo per Israele di affermarsi.
Nel 1947 l’Assemblea delle Nazioni Unite, il 29 novembre approvò la risoluzione che prevedeva la creazione di uno stato ebraico e di uno stato arabo in Palestina, con la città e la zona di Gerusalemme sotto l’amministrazione diretta dell’ONU.
La Gran Bretagna, che aveva già tentato di spartire il territorio tra la popolazione araba preesistente e i coloni ebrei in forte aumento, si astenne nella votazione e rifiutò apertamente di seguire le raccomandazioni del piano.
La maggior parte degli ebrei l’accettarono, pur lamentando la non continuità territoriale tra le varie aree assegnate allo stato ebraico.
Tra la popolazione araba la proposta fu rifiutata, con diverse motivazioni: alcuni negavano totalmente la possibilità della creazione di uno stato ebraico; altri criticavano la spartizione del territorio che ritenevano avrebbe chiuso i territori assegnati alla popolazione araba, altri ancora erano contrari perché agli ebrei, che allora costituivano una minoranza (un terzo della popolazione totale che possedeva solo il 7% del territorio), fosse assegnata la maggioranza (56%, ma con molte zone desertiche) del territorio (anche se la commissione dell’ONU aveva preso quella decisione anche in virtù della prevedibile immigrazione di massa dall’Europa dei reduci delle persecuzioni della Germania nazista; gli stati arabi infine proposero la creazione di uno Stato unico federato, con due governi.
Tra il dicembre del 1947 e la prima metà di maggio del 1948 vi furono cruente azioni di guerra civile da ambo le parti. Il piano Dalet seppur ufficialmente solo difensivo, prevedeva comunque, tra le altre cose, la possibilità di Israele di occupare “basi nemiche” poste oltre il confine (per evitare che venissero impiegate per organizzare infiltrazioni all’interno del territorio) e prevedeva la distruzione dei villaggi palestinesi (”setting fire to, blowing up, and planting mines in the debris” ovvero “dar fuoco, distruggere e minare le rovine”) espellendone gli abitanti oltre confine, ove la popolazione fosse stata “difficile da controllare”, situazione che ha portato diversi storici a considerare il piano stesso indirettamente responsabile di massacri e azioni violente contro la popolazione palestinese (seppur non presenti nè giustificate esplicitamente dal piano), in una specie di tentativo di pulizia etnica. Il 15 maggio, le truppe britanniche si ritirarono definitivamente dai territori del mandato.
Lo stesso 15 maggio 1948 gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania, attaccarono l’appena nato Stato di Israele. L’offensiva venne bloccata dall’ esercito israeliano e le forze arabe vennero costrette ad arretrare. Israele distrusse centinaia di villaggi palestinesi, ciò che favorì l’esodo degli abitanti. La guerra terminò con la sconfitta araba nel maggio del 1949 e produsse 726mila profughi palestinesi; a loro ed ai loro discendenti è tuttora vietato il ritorno in territorio israeliano.In seguito all’armistizio ed al ritiro delle truppe ebraiche l’Egitto occupò la striscia di Gaza mentre la Transgiordania occupò la Cisgiordania, assumendo il nome di Giordania. Israele si annetté la Galilea e altri territori a maggioranza araba conquistati nella guerra.
Nel 1967, scoppiò un nuovo conflitto fra Israele e i vicini Paesi arabi, denominato guerra dei sei giorni. Constatato che Egitto, Siria e Giordania stavano ammassando truppe a ridosso dei propri confini, Israele decise di passare ad un attacco preventivo.
Sotto il comando dei generali Ytzhak Rabin (Capo di Stato Maggiore) e Moshe Dayan (Ministro della Difesa), in soli sei giorni, a partire dal 5 giugno 1967, Israele sconfisse gli eserciti dei tre paesi arabi, conquistando la Cisgiordania con Gerusalemme Est (che erano sotto l’amministrazione giordana), la Penisola del Sinai, le Alture del Golan, la Striscia di Gaza, trovandosi così occupare fino ad ora vaste aree di territorio al di fuori dei propri confini originari.
Nei Territori Occupati Israele rifiuta di applicare la Quarta Convenzione di Ginevra. I palestinesi dei Territori Occupati non hanno i diritti politici dei cittadini israeliani, né dei benefici accordati dalle leggi di Israele.
Dopo la guerra, Israele annesse non solo la città di Gerusalemme (6 km²), ma anche i villaggi cisgiordani circostanti (64 km²). I palestinesi che abitano a Gerusalemme Est non hanno i diritti dei cittadini israeliani ma solo quelli riconosciuti ai ‘residenti permanenti’ nello stato di Israele; non possono votare per la Knesset, ma solo per le elezioni locali.
In seguito, nel 1978, con gli accordi di Camp David, Israele si impegnava a restituire la Penisola del Sinai mentre l’Egitto si impegnava al riconoscimento dello Stato di Israele. Con il trattato per la prima volta si crearono normali relazioni diplomatiche fra Israele e uno dei Paesi confinanti.
Gerusalemme è stata proclamata capitale d’Israele dagli israeliani nel 1950 e confermata come tale nel 1980.
Tali proclamazioni non sono state riconosciute come valide dalla comunità internazionale e sono state anzi condannate da Risoluzioni ONU, poiché la città di Gerusalemme comprende territori non riconosciuti internazionalmente come israeliani. La Corte Internazionale di Giustizia ha confermato nel 2004 che i territori occupati dallo Stato di Israele oltre la “Linea Verde” del 1967 continuano ad essere “territori occupati” e dunque con essi anche la parte est di Gerusalemme.
Il Congresso degli Stati Uniti ha richiesto da diversi anni lo spostamento dell’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme, ma nessuno dei governi succedutisi ha messo in atto la decisione.”
Questa è la storia. Ognuno tragga le sue opinioni. Non mi pare che c’è una sola ragione da una parte.
La realtà è che nessuno, stati internazionali compresi, vuole realmente fare un passo indietro per farne uno in avanti molto più serio e democratico per una pace vera e duratura.
Un caro saluto




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