01 febbraio 2010

Salviamo il suicida.

Tentato suicidio

L'organizzazione mondiale considera il suicidio un problema complesso, che deriva da una complessa interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali.
Il suicidio è un grave problema, costituisce la causa di circa un milione di morti ogni anno. E si stima che nel prossimo futuro, le vittime potrebbero salire ad un milione e mezzo. Questo ci dice che muoiono più persone a causa del suicidio che per conflitti armati di tutto il mondo e per gli incidenti automobilistici.
Nel recente passato il fenomeno predominava tra gli anziani,ma ai nostri giorni è più sentito tra i giovani.
Ogni giorno muoiono a causa del suicidio l’equivalente delle vittime causate dall’attacco alle torri gemelle di New York. Nei paesi europei, è un problema di grande rilevanza.
Un alto rischio di suicidio è associato a sentimento di disperazione, rabbia incontrollabile, sentirsi intrappolati e senza via d’uscita. E’ ciò che probabilmente è successo al Centro Ustionati di Verona dove è morto l’operaio bergamasco di 35 anni che ieri si era cosparso di benzina e dato fuoco a Brembate (Bergamo). L’uomo aveva riportato gravi ustioni su oltre il 95% del corpo.
A spingere l’operaio al drammatico gesto sarebbe stata la depressione causata dalla perdita del lavoro. Era impiegato in una ditta di Zigonia che è fallita un paio di mesi fa, costringendolo a casa.
Questa morte come tante morti dovute a fattori di perdita di lavoro, ci devono indurre a capire che sono vite perse per la nostra negligenza e la nostra incuranza.
Il suicidio si può e si deve prevenire, la società ha il dovere d’intervenire, specialmente come in questi casi, sono chiari i segnali di chi non può essere lasciato solo a vivere un dramma difficile da sopportare. La sfida della prevenzione del suicidio dovrebbe essere intrapresa dalla collettività. Una società si considera evoluta socialmente ed economicamente, non può permettere che delle singole persone, vengano lasciate al proprio amaro destino, soli con i loro problemi tragici.
Questa è una follia di un mondo che ha perso la realtà del saper vivere.

9 commenti:

Fab1963 ha detto...

Fab1963:
2 febbraio 2010 alle 10:31

I Padri costituenti, non per strizzare l’occhio al bolscevismo (e chi lo afferma dimostra ancòra una volta, se ce ne fosse bisogno, di essere un neopagàno) ma anzi per dar seguito alla tradizione giudeo-cristiana (già San Paolo in una delle sue lettere -II Tess. 3,10- scriveva “Chi non lavora neppure mangi” [letterale "Se qualcuno non vuol lavorare neanche mangi"]) hanno inserito questo dettato proprio nell’Articolo 1 della nostra Carta fondamentale.

Perchè è il lavoro a dare oltre che il soldo anche la dignità sociale ad una persona, a farla tale.

Se a questo aggiungiamo tutti i messaggi che quotidianamente in modo diretto o subliminale ci vengono gettati addosso sul biomio soldi=successo appare chiaro perchè chi perde il lavoro (e quindi non è che non voglia, non può più lavorare) rischia di perdere tutto se stesso, e di perdersi.

Specie in una società falsamente competitiva (o meglio competitiva senza regole se non quelle della furbizia, cioè non darwiniane -la natura è più saggia dell’uomo-) quale quella italiana attuale.

Quanto da Lei segnalato è una realtà drammatica, gentile Signor Raffaele.
La psichiatria d’emergenza sul lavoratore (ex lavoratore) sta divenendo in alcune realtà del nostro Paese prioritaria su altri tipi di interventi.

Ed anche il modo con cui l’operaio di Brembate si è dato la morte èassai significativo: bruciato vivo, come su un rogo.
Lo stesso rogo dove da sempre sono stati sacrificati i reietti di ogni società.
Perchèp evidentemente tale egli si sentiva, un appestato.
Cioè un neodisoccupato.

Riposi in pace, lui.
Noi no. Non dovremmo.

Cordialità e complimenti per il Suo blog che ho trovato molto bello.

Francesco Vinci ha detto...

Francesco Vinci:
2 febbraio 2010 alle 10:42

Purtroppo signor Innato, senza voler scatenare Gorby, nessuno “di tasca propria” è disposto, neanche a parole, a metterci una lira, o euro, per prevenire, come dice lei, possibili atti estremi conseguenti a situazioni disperate già in atto oggi, e tante ce ne stanno.
Molti, tanti, tutti, che vedono e giudicano le “ingiustizie sociali”, non vedono mai quel “di più” che hanno in dote, si sentono sempre “in pari”, ciò che hanno è dovuto, meritato, guadagnato, conquistato, spettante. Sono sempre altri quelli che hanno il di più, che non meritano, i “privilegiati”, e che dovrebbero pagare il conto per equilibrare il sistema.
Lei ha perfettamente ragione, la società ha il dovere di intervenire, e la società siamo tutti noi, abbiamo il dovere di far sì che si eliminino gli sprechi indegni che vediamo ogni giorno, che si equilibrino i fattori economici che rendono i ricchi straricchi e i poveri strapoveri, e abbiamo il dovere ciascuno di metterci qualcosa di tasca per chi sta peggio di noi, ciascuno in base alle proprie possibilità.
Non con il solito infantile ritornello, che serve a non toccare mai nulla dello status quo: prima quello! no prima quell’altro! tutto va fatto, insieme e adesso. Se ci teniamo davvero e se siamo sinceri nel nostro sentimento di solidarietà, e non ipocriti parolai. Sì, mi sa che adesso ho davvero scatenato il Gorby che dorme.

cocorocchio ha detto...

cocorocchio:
2 febbraio 2010 alle 13:42

In questo Paese la perdita del posto di lavoro rappresenta un fatto drammatico di grande rilevanza. Quella perdita può certamente produrre depressione e portare al suicidio. La drammaticità della perdita del lavoro dovrebbe indurre l’intera società a porsi il problema del lavoro. lavoro inteso come difesa di un diritto fondamentale. Difesa del diritto al lavoro di chi quel diritto lo esercita. Difesa del diritto di chi quel lavoro rischia di perderlo. Difesa del diritto di chi quel lavoro lo cerca!
Uno Stato è democratico se favorisce l’esercizio di questo elementare diritto. Nella nostra costituzione l’art 4 è disatteso dallo Stato. Lo Stato non favorisce il lavoro con atti concreti. Vi è un interesse a negare il lavoro. Un cittadino emancipato nel lavoro è un soggetto che partecipa attivamente alla gestione della cosa pubblica. La classe dominante non vuole la partecipazione del popolo alla gestione dello Stato. Vuole il popolo sottomesso. Il diritto al lavoro cozza contro l’interesse dei manipolatori dello stato.
In uno Stato democratico si tasserebbero le rendite parassitarie.
In italia le rendite parassitarie impediscono l’esercizio del lavoro. Il capitale prodotto dal lavoro è deviato verso le rendite parassiatrie. E’ la metamorfosi del sitema italiano. E’ quel sistema che ha prodotto il degrado economico oltre che politicoi e istituzionale. Quel degrado è partito da lontano. Quel degrado è diventato berlusconismo. La crisi finanziaria internazionale ha accentuato la crisi mettendola in evidenza. Ma la crisi ha avuto un lungo e turtuoso travaglio. Il lavoro manca per responsabilità dello Stato parassitario. Manca perché lo Stato è un organo parassitario. Da Paese produttore siamo diventati Paese consumatori. Popolo consumatore di telefonini senza produrli.
Chi ha fatto queste scelte?
Si è predicato il mercato come sistema etico. Il mercato porta alla responsabilità delle azioni. I fatti cosa dicono?
La classe dirigente responsabile della crisi se la cava.
Ci quelle decisioni le ha subite paga il prezzo!
Che cazzo di metodo è quello in cui gli ultimi se la prendono in quel posto?
Se quegli ultimi reagiscono?
Li classificheremo dei delinquenti oppure dei terroristi ?
La chiamate giustizia?
Una volta in Italia i dati di suicidio rappresentava un numero statistico marginale rispetto ad altri Paesi.
Perché c’era la speranza di cambiare.
C’era la politica. C’era il sol dell’avvenire: Adesso?
In america si armano salgono sui tetti e sparano sulla folla: è questo che si vuole?
La società che spinge il cittadino a vivere il dramma della perdita del lavoro nella solitudine non ha alibi: è una società corrotta!

RR62 ha detto...

RR62:
2 febbraio 2010 alle 14:55

Ci sono persone che sono semplicemente stanche di vivere,al di là delle situazioni oggettive.
Il suicidio derivante dalla disperazione della perdita del lavoro non ha a che vedere con la scelta di continuare un esistenza priva di gioie,sono 2 cose diverse.
Provo grande sconforto quando una persona si toglie la vita per paura del domani,solitudine,emarginazione,ma ci sono casi in cui l´individuo decide liberamente il suo destino,queste decisioni vanno rispettate.

Salva Tores ha detto...

Salva Tores:
2 febbraio 2010 alle 15:54

Proprio ieri evidenziavo in questo sito il contrasto avvenuto lo stesso giorno fra il “povero” operaio menzionato da Raffaele Innato che per la disperazione si era suicidato avendo perso il posto di lavoro e la “povera” Veronica Lario che rivendicava una liquidazione per fine rapporto di 43 milioni di euro l’anno, poco più di tre milioni e mezzo al mese, come assegno di mantenimento.
Due “povertà” diverse e due “datori di lavoro” diversi.
Un abisso fra le due situazioni che dimostrano che nella vita bisogna avere culo pure a trovare un padrone.
Qualcuno a questo punto vorrà farmi la morale e dire che Veronica fa bene a pretendere quanto dovutole visto che a Berlusconi i soldi gli escono da ogni dove, ma per attenuare le polemiche sarebbe stato sufficiente che Veronica avesse detto che per lei si sarebbe tenuta una modesta parte per vivere da regina e che il resto l’avrebbe messo a disposizione per opere umanitarie. Tutti sappiamo come Berlusconi s’è costruito il suo patrimonio pertanto destinare una parte di quella ricchezza a chi ne ha veramente bisogno sarebbe come una forma di Robin Hood al femminile che toglie ai ricchi per dare ai poveri.

gorby07 ha detto...

gorby07:
2 febbraio 2010 alle 17:56

Francesco, ti ringrazio per avermi evocato (Fa molto “fantasma”).
Ma stavolta preferisco non intervenire.

Io non esito a collegare il suicidio dell’operaio bergamasco con lo status di “lavoratore debole” del suddetto.
Ma le cose potrebbero stare diversamente.
C’è tanta gente che si suicida pur non avendo alcun problema di lavoro.

Quando c’è di mezzo un suicidio, siamo di fronte ad una grave patologia psichiatrica.
Io no sono nè medico nè psicologo.
Quindi, preferisco non esprimermi, sul singolo caso dell’operaio bergamasco che si è tolto la vita nel modo atroce che sappiamo.

E se mi permettessi di generalizzare, mi dimostrerei “superficiale”.
E presuntuoso.

Però…
Detto da profano… secondo me il nesso c’è.
Un licenziamento, da solo non può indurre una persona (psichiatricamente sana) a togliersi la vita.
Ci devono essere altri fattori.
Fattori ricondcibili ad una patologia psichiatrica.
Ma se quei fattori ci sono…
Allora si che un licenziamento può essere “evento scatenante”.

E poi, basta osservare “l’epidemia di suicidi” tra i dipendenti di France Telecom.
Quando i numeri cominciano a diventare grandini, non serve essere psichiatri per capire che tra licenziamento e suicidio “potrebbe” esserci un nesso causale.
Basta leggere i giornali.

Ed allora, torno al mio solito discorso.
I lavoratori “deboli” non hanno solo una vita molto più difficile, rispetto ai lavoratori “forti”.
La vicenda di France Telecom dimostra che essi hanno anche una maggior possibilità di contrarre una patologia psichiatrica.
Non dico:… “maggiore probabilità di suicidarsi” (Ma in realtà c’è anche questo aspetto. Sia pure du numeri per fprttuna piccolissimi).
Dico:… “maggior probabilità di ammalarsi psichiatricamente”.
Aggiungendo danno al danno.
Rovinando la vita a sè stesso ed a chi stia loto vicino.

Finchè si parla di suicidio, si parla di numeri piccolissimi.
Ma quando si parla di “insorgenza di patologia psichiatrica in risposta al licenziamento”, allora i numeri cominciano a farsi pesanti.
E quindi, la disparità di tutele tra lavoratori forti e deboli pone anche un problema di natura “socio-sanitaria”.

Allegria…

Maurizio ha detto...

Maurizio:
2 febbraio 2010 alle 19:00

In Germania è esplosa la polemica sugli ammortizzatori sociali che consentirebbero. addirittura, un maggiore introito ai disoccuppati rispetto agli stipendi percepiti dai “normali” lavoratori. In italia, invece, chi ha perso il lavoro è lasciato completamente da solo nonostante il ritornello truffaldino del governo che assicura del contrario. Chi non riesce a darsi pace la trova nel suicidio. E intanto siamo arrivati ad oltre il 10% di disoccupati. Ma questo governo è in altre faccende affaccendato e la politica tutta non riesce o non vuole dare risposte. Perchè la casta non inizia a dare l’esempio e si riduca di due terzi le prebende in modo da incrementare il fondo per gli ammortizzatori sociali? Perchè non si riducono del 50% le ricche retribuzioni dei boiardi di Stato? Perchè non si introduce una tassa di scopo sulle retribuzioni eccedenti i 50 mila euro. Perchè non diventiamo finalmente un Paese civile come la Germania?

taras2008 ha detto...

taras2008:
2 febbraio 2010 alle 19:18

Solidarietà per combattere la disoccupazione e i gesti indotti:

Ridurre l’orario di lavoro!

Maurizio ha detto...

Maurizio:
3 febbraio 2010 alle 17:42

Spero che questo governicchio da barzelletta ritorni in sè, lasci per un attimo da parte i problemi del premier ed inizi a pensare a delle soluzioni per stemperare un clima sociale che si preannuncia pericolosissimo. Sono troppi, infatti, i disoccupati esasperati che non sanno più come cavarsela per i bisogni più semplici. Questa burla di governicchio, al momento, non ha dato loro nessuna risposta, contrariamente a quanto affermano alcuni ministri senza vergogna. I disoccupati del settore commercio e servizi godono di un’indennità di disoccupazione che va dagli otto ai dodici mesi. Dopodichè il nulla assoluto. Il disoccupato non gode del bonus famiglia, non gode della social card, non gode di niente. Questa categoria di persone non ha mai visto un solo centesimo dallo Stato e se qualcuno afferma il contrario mente sapendo di mentire o, nella migliore delle ipotesi, non ha neanche la più pallida cognizione di quello che dice.

I rappresentanti della sinistra che vanno in tv a fare le belle statuine dovrebbero sottoporsi ad un corso accelerato per apprendere almeno le nozioni più semplici per provare a contraddire, almeno in parte, le sciocchezze mediatiche che il governicchio da quattro soldi spara a getto continuo. Ripeto, urgono provvedimenti, ed anche seri. Le risorse sono facilmente reperibili sottraendo moneta alla casta della politica e ai numerosissimi beneficiati di Stato.
Se è il caso tassare, ripeto tassare e poi ancora tassare i redditi più alti ed imporre tetti agli stipendi elargiti dalle aziende pubbliche, tipo Rai. Stipendi come quello di Vespa, di Santoro, della Setta, della Ventura, della Dandini e di tanti peones dello spettacolo iniziano ad essere vergognosi in questi tempi cosi grami. Non si possono abbandonare al proprio destino migliaia di famiglie che non riescono più a sopravvivere. O aspettiamo veramente l’assalto ai supermercati?