22 gennaio 2008

Per non morire sul lavoro

3 commenti:

Anonimo ha detto...

22 Gennaio, 2008 19:44
Mi chiedo soltanto perchè ci sono operai che accettano di lavorare in situazioni di rischio palese. Poi muoiono, e tutti lì a recriminare. Rischio significa che può andar bene come può andar male. C’è la volta che va bene, ma la volta che va male, se si conosce il rischio, a chi deve venir addebitata? Gli scioperi li fanno soltanto per l’aumento di stipendio. E per la sicurezza?

Anonimo ha detto...

Epifani in merito alle morti sul lavoro ha fatto una sorta di mea culpa riconoscendo che anche il sindacatop ha le sue colpe e che dovrebbe “sporcarsi le mani in fabbrica”. Vorrei far notare ad Epifani che i sindacalisti sui luoghi di lavoro da sempre tutto conoscono di quanto vi avviene e di conseguenza delle violazioni delle leggi sulla sicurezza anche in merito alla 626 anche perché sono i primi a raccogliere (ancora ed incredibilmente) le denunce di tali violazioni dagli stessi lavoratori. Pertanto i sindacalisti le mani se le sporcano sempre sui posti di lavoro. Sarebbe il caso che dopo esseresele sporcate se le pulissero denunciando anche come singoli cittadini oltreché sindacalisti, queste violazioni alle autorità competenti invece di attenersi burocraticamente a leggi e norme che molto convenientemente non li obbligherebbero a farlo. Ciro Crescentini della Fillea Cgil pare così abbia fatto ma non pare sia stato moloto apprezzato dai suoi superiori in Cgil!

Anonimo ha detto...

22 Gennaio, 2008 23:17
Temo che gli “operai che accettano di lavorare in situazioni di rischio palese” non sempre abbiano scelta. E’ molto facile essere licenziati, purtroppo, oggigiorno, specie nelle piccole imprese, per non parlar di quelle in nero. Poi sì, può anche darsi che ci sia qualcuno stupidamente imprudente (similmente a quelli che vanno in moto senza casco, per dire), ma non credo che si possa imputare genericamente alle vittime il fatto di esserlo.