24 settembre 2011

Riforma pensioni in danno dei veri lavoratori.

Sede INPS ROMA

In Italia sulle pensioni si fa gratuitamente della retorica, non sapendo i fatti e, soprattutto per creare confusione e divisioni nella nostra società. Si dice che bisogna fare come la Germania: “In Germania si va in pensione a 67 anni mentre noi ci andiamo a 58 anni.” Falso.
Uno di questi esempi illustri di queste esternazioni ambigue, oltre a Casini, economisti e ultima Marcegaglia, è Feltri che è andato in pensione a soli 53 anni, nel 1997. Una pensione d’oro di 347 milioni di lire l’anno, circa 179 mila euro, a carico del Inpgi, l’istituto previdenziale dei giornalisti. Da allora Feltri ha continuato a scrivere e a dirigere giornali, percependo ricchi compensi e spiegando al mondo intero che è meglio per tutti andare in pensione a 67 anni.
Allora, conviene fare chiarezza.
Per prima cosa non bisogna mischiare il bilancio dello Stato con il bilancio dell’INPS.
Lo Stato ha un debito pubblico del 120%, l’INPS ha una situazione patrimoniale netta al 31 dicembre per un attivo di 43,5 miliardi.
L’INPS ha entrate distinte e indirizzate alla Previdenza che nulla hanno a vedere con le spese pubbliche dello Stato.
Lo Stato trasferisce ogni anno all’INPS 84 miliardi di euro, per erogare prestazioni assistenziali, prelevando soldi dalla previdenza pagata dai lavoratori a titolo di pensione.
Su 280 miliardi di uscite annuali, solo il 60% va in pensioni di vecchiaia e anzianità, il restante 40% viene elargito a titolo di pensioni di invalidità, inabilità, reversibilità indirette e sociali così come risulta dall’ultimo rapporto di bilancio INPS 2010.
L’erogazione delle pensioni è al lordo delle trattenute IRPEF, quindi ai 280 miliardi di euro erogati dall’INPS c’è da togliere l’IRPEF che ritorna nelle casse dello Stato (40 miliardi di euro).
All’interno dell’istituto previdenziale, il comparto dei dipendenti ha un attivo di 10 miliardi, così come quello dei parasubordinati, e che il fondo lavoratori dipendenti eroga pensioni medie annue di 11.107 euro.
Poi ci sono comparti come quello dei coltivatori diretti con passivo di 4 miliardi, quello degli artigiani con passivo di 5 miliardi, quello degli elettrici con passivo di 2 miliardi, quello dei trasporti con passivo di 1 miliardo, quello del Clero con passivo di 2 miliardi e c’è anche quello dei dirigenti (ex Inpdai) con passivo di 2 miliardi, ma nonostante questo l`importo medio delle pensioni erogate dal fondo Inpdai è circa 150.000 euro.
Il riferimento che è uso, tra coloro che pur di non toccare la patrimoniale, o fare una legge seria per l’evasione fiscale, o combattere la corruzione e le spese della politica, è sempre quello legato alla Germania, omettendo però di raccontare alcune cose.
Secondo l’ultima rilevazione 2011 riferita ai dati del Rentenversicherung tedesco l’età pensionabile l’anno scorso è passata dai 63,5 anni ai 63,8 di media per gli uomini e da 62,9 ai 63,3 anni di media per le donne a partire dal 1993, quando è iniziata la rilevazione statistica.
La legge prevede per i pensionati tedeschi a partire dal 2012 l’incremento di oltre un mese di lavoro in più per ogni anno fino al 2029, così da raggiungere l’età dai 65 anni attuali ai 67 anni futuri,spalmando cosí l’intero processo sull’arco di 17 anni.
Ma il sistema tedesco ha anche regole che possono far anticipare l’età di pensionamento, come i lavori usuranti o la contribuzione massima che possono ridurre di 5 anni l’età al pensionamento. Le donne hanno uno sconto di 3 anni per ogni figlio che nasce.
Si può andare in pensione avendo raggiunto i 35 anni di contribuzione ma avere un disincentivo del 3,6% ogni anno che manca al raggiungimento dei 65 anni.
Inoltre, il lavoratore dipendente tedesco versa per contributi previdenziali il 19,2% del suo salario.
In Italia il lavoratore dipendente versa in contributi previdenziali il 33% del suo salario.
Vediamo le condizioni attuali dopo i vari aggiustamenti di questo governo che danno diritto al pensionamento italiano:
Pensione di Vecchiaia 65 anni + 1 anno di finestra mobile per i dipendenti e 1,5 anni in più per gli autonomi. = 66 anni
Pensione di Anzianità dal 1/1/2013 quota 97 ovvero 63 anni d’età + 1 anno di finestra mobile = 64 anni
Pensione di Anzianità Contributiva 40 anni + 1 anno di finestra mobile + 3 mesi = 41,3 anni di versamenti indipendentemente dall’età
Pensione delle donne 60 + 1 anno di finestra mobile a salire fino a 66 anni nell’arco di 10 anni.
Quindi, siamo molto vicini già alle condizioni della Germania, versando però il 70% in più di trattenute previdenziali rispetto ai tedeschi.
L’ultima rilevazione Istat vede il 71,9% dei pensionati non superare i 1.000 euro mensili.
Il 45,9% delle pensioni ha importi mensili addirittura inferiori a 500 euro, mentre il 26% ha importi mensili compresi tra 500 e mille euro.
Poi, invece si omette di parlare delle ingiuste “pensioni d’oro” erogate con cifre vicine ai 1000 €uro al giorno. E tra questi ci sono proprio quei personaggi che hanno contribuito a fare le riforme previdenziali.
Quando, invece, sarebbe necessario creare un tetto massimo oltre il quale nessun pensionato potrebbe pretendere cifre esorbitanti per anni di vita senza lavoro.
Per non parlare del fatto che alzando ancora l’età pensionabile, nessuno dice che fine farebbero quei lavoratori licenziati e coloro che si trovano in mobilità che starebbero per raggiungere i requisiti dopo oltre 35/40 di contributi già versati.

Sono alcune considerazioni sulle verità nascoste dello stato sociale italiano.


1 commento:

massimo ha detto...

Mi piace. Converrebbe divulgare questa, lapalissiana eppur indicibile e invisibile realtà. Per quel che conta la condividerò su fb. Se posso permettermi dovresti telefonare alla trasmissione "prima pagina" di radio3rai. Questa settimana è condotta da Federico Fubini del Corriere e da lunedì non fa che menarla sul "profondo rosso" dell'inps.