24 settembre 2008

Commento su L'espresso "Trionfa un nuovo movimento: l'Irridentismo" (Salva Tores)

Raffaele Innato ha scritto: 24 Settembre, 2008 21:26
Caro SalvaTores,
giustamente, in una creativa e simpatica satira, hai messo in evidenza la differenza abissale tra i Politici di qualche decennio fa e i politicanti di adesso. Con il distinguo che, nel centrosinistra di oggi e in qualche anziano politico di centro e di qualcuno di destra, qualche politico lo puoi trovare ancora, perchè ha frequentato da ragazzo la scuola del partito e seguiva un ideale.
I signori “irridenz” che tu hai menzionato e che si fregiano di sedere su poltrone importanti pur non essendo all’altezza del compito, sono quasi tutti ex scartine di partiti coinvolti in tangentopoli, che hanno pensato bene di trovarsi una nuova collocazione nella società imprenditoriale, di un movimento chiamato forzatamente e abusivamente “forza Italia”. Un movimento che nelle intenzioni vuol essere un partito “unico” (in effetti è unico al mondo), senza avere una base idealistica e programmatica sociale democratica di riferimento. Dice di essere contro il comunismo, e appoggia e condivide tutto quello che comunismo non è. Infatti, quando si chiede al capo indiscusso del movimento se è antifascista, risponde che ha altro a cui pensare. Dialoga con tutti, ma solo se gli interlocutori rispondono alle sue richieste, altrimenti, sono comunisti. Qualunque cosa succede in Italia, se risulta negativa, la colpa è della sinistra o della CGIL, se risulta positiva è per merito della destra. Se perde le elezioni ci sono stati brogli, se le vince è perchè gli italiani hanno saputo scegliere. Se il giorno prima ha usato una espressione infelice, è stato sicuramente frainteso e additato falsamente da una stampa comunista. Se l’espressione gli viene bene, diventa subito uno statista. Se la magistratura lo condanna è certamente un complotto orchestrato dai giudici rossi. Se viene assolto i giudici hanno saputo giudicare bene. Accetta d’intervenire ai talkshow se deve parlare senza contradditorio, se per errore di calcolo si trova di fronte un giornalista che non è nella sua lista dei simpatizzanti, lascia e se ne va. Insomma, una persona veramente democratica e altruista (infatti, fa quello che vogliono gli italiani che conosce solo lui), attorniato da gente che sa fare bene il proprio mestiere, stendere il tappetto al suo passaggio, e gli affari personali. Tanto a pagare e soffrire sono sempre i soliti tifosi elettori, che per un gioco perverso di ottusità non votano per il proprio interesse, ma per simpatia “irridente”.
Dice un nuovo proverbio: “Irride bene chi irride ultimo!”

21 settembre 2008

Il mio maestro "unico" e i dilettanti al governo allo sbaraglio.

Dopo aver frequentato per tre anni la scuola privata a pagamento in un'istituto religioso, la quarta e la quinta elementare le ho dovute frequentare in un'istituto pubblico col "maestro unico". Che come denominazione calza a pennello per la sua unicità in tutto. La mattina, fin dalla prima lezione, quando s'iniziava un dettato, il mestro aveva premura di chiedere se qualcuno non avesse con sè la penna. In caso di risposta negativa, la prestava lui, ma in cambio di danaro (ogni ora costava una cifra 5 o 10 lire).
Quando si accorgeva di avere oggetti personali che in casa non gli servivano, come poteva essere un quadro, ci diceva che dovevamo acquistarlo, facendo una colletta, perchè serviva come abbellimento in aula. Tutte le mattine, s'inventava l'elezione del capo classe. Il quale non veniva eletto regolarmente dalla classe con il semplice voto o perchè si era distinto per capacità, ma veniva scelto in base alla offerta massima in danaro di chi versava una maggiore quota in lire al maestro. Spesso, però devo dire con tutta onestà, diventava coscienzioso. Ci chiedeva di fare offerte in danaro per i più poveri che s'intascava regolarmente, inventandosi in cambio dei bollini della croce rossa e similari.
Un giorno, un alunno gli chiese in prestito una penna, il maestro non se lo fece dire due volte, perchè in cambio doveva ricevere il solito affitto. Ebbene, quella volta, gli andò male perchè l'alunno minacciò di riferirlo al direttore. Però, il ragazzo non superò l'anno.
Credete che il mio racconto sia inverosimile? Tutt'altro, ometto per opportunità il nome del maestro..., gli anni di riferimento sono 1958/59 e 1959/60, in una scuola pubblica della città vecchia di Taranto.
Ho voluto raccontare un fatto accaduto circa 50 anni fa.
La televisione non la possedeva quasi nessuno, il telefono idem, internet non esisteva, la radio non era un mezzo di grande diffusione, l’auto era una chimera…Eravamo usciti da una guerra disastrosa voluta dal pensiero “unico” di un personaggio unico. Eravamo in un periodo di ricostruzione con l’analfabetismo a livelli disastrosi. Noi bambini di allora, per necessità, andavamo a lavorare nelle piccole botteghe come garzoni per guadagnarci la “settimana” e imparare un mestiere. Io, per fortuna ero uno dei privilegiati, ci andavo solo d’estate. Le scuole erano sprovviste di riscaldamento e di strutture adeguate, i maestri usavano ancora la bacchetta (da non confondersi con quella magica del sig. B.) per bacchettare noi alunni. Il clima che si respirava non era molto roseo e c’erano ancora i residui postfascisti. La maggior parte delle abitazioni erano fatiscenti, la gente per lavorare era costretta ad emigrare, la povertà si toccava a tutti i livelli e la gente si arrangiava come poteva. Il mio maestro unico, molto probabilmente deceduto, diciamo che come uso di espedienti esagerava, commettendo reato e abusando di una posizione di privilegio per arrotondare uno stipendio che, allora, era sufficientemente remunerato da permettergli una vita dignitosa. Questo suo atteggiamento da estortore, non ha prodotto in noi bambini, un insegnamento nobile e moralistico, anzi, in talune occasioni, poteva essere emulato da noi per commettere reato.
Quindi, la morale di questa triste vicenda si può riassumere che, in tutte le cose della vita, in modo particolare nelle professioni di grande responsabilità e importanza strategica come la scuola, per un popolo che vuole essere democratico, evoluto, rispettoso, moderno e tecnologicamente avanzato, “quattro occhi vedono sempre meglio di due” e due maestri concettualmente sono meglio di uno solo, per evitare che l’insegnamento di un’unico pensiero possa risultare nefasto a bambini che per loro natura sono sempre indifesi.
La Gelmini farebbe bene a tenerlo in dovuto conto.

Commento su L'espresso "Si può essere credenti non praticanti?"(Francesco S. Liberoinformazione)

Raffaele Innato ha scritto: 21 Settembre, 2008 16:56
Credere in un ideale o nelle riflessioni profonde di chi ha ritenuto di ricevere una illuminazione o di chi predica qualcosa che è fuori dalla nostra possibilità e cognizione umana, è umanamente possibile. Accade da sempre e si combatte, anche, in nome del proprio credo. Il problema nasce quando gli stessi credenti pretendono che gli altri debbano praticare dottrine, luoghi o riti che secondo un sentire comune, portano ad aprire le porte della beatitudine e del benessere comune. Basterebbe che fosse lo stesso credente a praticare quello che egli stesso predica a favore della solidarietà, perchè ciò avvenisse. E mi riferisco, non di certo, al praticare simbolicamente i luoghi o i riti abituali, ma a comportarsi e seguire il sentire di una propria coscienza, che abbia come rispetto le persone, gli animali e le cose della natura. Spogliarsi dell’egoismo, dell’arroganza, della proprietà, del danaro, dell’ambiguità, dell’ipocrisia e aprendo le porte all’umiltà, alla sincerità, alla fratellanza, all’uguaglianza e alla distribuzione equa dei beni, contribuendo con gli stessi diritti e doveri a rendere il mondo e le persone più giuste perchè possano vivere nell’amore.
Allora, credere e praticare si può e si deve!

17 settembre 2008

Commento su L'espresso "Non c'è democrazia senza la scuola pubblica"(Dr. Gianluca Fiusco, Riesi Cl)

Raffaele Innato ha scritto: 17 Settembre, 2008 18:43
Mi pare ovvio e scontato che senza una scuola pubblica funzionale in Italia, non si può parlare di democrazia.
La scuola non può e non deve essere appannaggio di pochi eletti, ma fonte di cultura dei popoli, nessuno escluso.
Fin dalle elementari si dovrebbe spiegare ai bambini che solo uno stato realmente democratico può salvaguardare e rispettare i valori della solidarietà tra gli uomini. Si dovrebbe spiegare e insegnare che nella scuola vige il diritto dell’uguaglianza, che nessuno deve misurarsi col valore del danaro o della proprietà. Quando si varca la soglia della scuola bisogna sentirsi figli della cultura per il bene collettivo di tutta la comunità.
Il fatto che ci siano le scuole private, si asseconda il modo di pensare che, siccome sono strutture private e gestite da privati, sono diverse. Quindi, si falsa il concetto della scuola aperta e uguale per tutti. Ecco che poi, affiorano le differenze e si apre il mercato che il privato è migliore e il pubblico è fannullone, con le conseguenze devastanti che chi può pagare può accedere alla cultura ed elevarsi, diversamente è costretto a piegarsi al sapere degli altri. Creando a priori disuguaglianze legate alle condizioni economiche e non alle capacità di merito. Aprendo la strada dell’antidemocraticità.

16 settembre 2008

Commento su L'espresso "Si faccia avanti la classe dei semplici” (Fabio Sicari)

Raffaele Innato ha scritto: 15 Settembre, 2008 19:49
Più che di uomini semplici, noi avremmo bisogno di una vita più semplice. La persona semplice è priva di malizia, è ingenua, modesta e alla buona. Quindi, non ci possiamo aspettare che la classe dei semplici si scuota. Altrimenti, non potremmo chiamarli più semplici. Il mondo dei furbi, che fa il proprio vantaggio con accortezza e scaltrezza, per l’uso personale, ha avuto sempre la meglio sul mondo dei semplici. La storia millenaria insegna: nella politica, nelle religioni, nell’economia e nel sociale, come i furbi hanno predominato e dominano ancora. Inventano o spaventano con teorie personalizzate i popoli dei semplici per trascinarli al loro volere, creando un capro espiatorio da sconfiggere per il benessere e l’aspirazione individuale.
Invece, sarebbe opportuno e necessario affidarci alla nostra capacità di esseri intelligenti e pragmatici. Dovremmo capire che la vera ricchezza dell’uomo non è il potere o il danaro o l’individualismo fine a se stesso, ma è racchiusa nella semplicità dei valori dei diritti umani, riconoscendo il rispetto della natura, dell’uomo, dell’individualismo come contributo intellettivo in favore della solidarietà umana. Senza la quale nè un mondo di semplici nè un mondo di furbi potranno sentirsi mai forti e certi per una lunga e salutare soppravvivenza.

05 settembre 2008

Visita al padre.


Questo racconto fa parte dei "Racconti d'Agosto" proposti da L'espresso. La direttrice Stefania Rossini ha predisposto un sondaggio per il più votato. Se vi è piaciuto potete votarlo sul Sondaggio http://espresso.repubblica.it/polls.jsp?idpoll=2039207 alla voce "Visita al padre". Grazie.

03 settembre 2008

Commento su L'espresso "Cosa manca alla sinistra?" (arch. Francesco Vinci, Siracusa)

Raffaele Innato ha scritto: 2 Settembre, 2008 21:03
Prima di capire cosa manca alla sinistra, dovremmo conoscere cosa s’intenda per sinistra. Quando si parlava o si faceva riferimento alla sinistra, come pensiero filosofico, s’intendevano i valori della solidarietà. L’obiettivo da raggiungere era il potere agli operai, una casa, un lavoro e una vita dignitosa per tutti i cittadini. Si parlava di uguaglianza e diritti uguali per tutti, giustizia compresa. C’era la consapevolezza che si lottava per conquistare una legittimità da cittadino e da uomo. La controparte o l’avversario da battere, era il padrone, colui che sfruttava il lavoro degli altri per arricchirsi e comandare. Quindi, si aveva ben chiara la posizione, se si stava con gli operai e gli oppressi si era di sinistra, viceversa si era di destra e con il padrone. Ogni nazione, ogni società aveva nel suo interno la distinzione dei ruoli e le lotte intestine. Questo è durato fino a quando c’è stata la guerra fredda e fino all’abbattimento del muro di Berlino 1989.
Dopodichè, si sono allargate volutamente le frontiere da parte dei finanzieri, banchieri e speculatori, con la complicità dei governi, dando vita a grandi società di capitali e multinazionali, che con la falsa globalizzazione, senza responsabilità personali dirette, hanno piegato e costretto operai, impiegati e anche buona parte dei liberi professionisti a diventare loro dipendenti o sudditi, omologando tutti i cittadini della terra a seguire mode e valori virtuali, per puro tornaconto, inquinando e devastando tutto quello che di prezioso la natura ha messo a disposizione per la sopravvivenza dell’uomo, esautorandolo anche di una sua legittima dignità. Ora, la diga del pensiero collettivista è stata straripata, ricostruirla è davvero molto difficile. Bisognerebbe, fare qualche passo decisivo indietro, rimettere ad ognuno le proprie e rispettive responsabilità, far capire che abbiamo intrapreso una strada senza ritorno, e che se vogliamo ricostruire veramente un mondo migliore fatto di uomini e persone giuste, dobbiamo essere più umili e pragmatici. E non è importante essere di sinistra, ma è importante che ci crediamo tutti, lavorando per lo stesso interesse che è quello di continuare a vivere e non di morire, come ora sta accadendo per l’ingordigia di pochi e la negligenza di molti.

Raffaele Innato ha scritto: 3 Settembre, 2008 12:43
>A59
Probabilmente non sono stato sufficientemente esauriente.
Io ho descritto una sinistra che c’era e che ora non c’è più. Mentre, prima del 1989 si sapeva ancora o s’immaginava cosa s’intendesse per “sinistra”, oggi proprio per l’avvento di una globalizzazione falsa, perchè priva di valori solidali e piena di spot illusori, ha portato l’ideale comunista-socialista a mescolarsi nella globalizzazione dei capitali, diventando faragginoso e inconcludente. Mistificando e falsando i concetti di solidarietà in concetti di profitto e di convenienza individualistica, perdendo il suo scopo di interesse collettivistico, che porta a unire le comunità e a renderle più coese e più umane, quando sono saldi i principi dei diritti umani.
Allora, chi oggi è più vicino all’ideale della solidarietà, chi ha senso di valori umani da rispettare, chi ha il senso di appatenenza ad un ideale di vita comunitaria, chi si sente più vicino ad ideali del socialismo e del rispetto dei ruoli nell’uguaglianza dei popoli, dovrebbe rinunciare e rifiutare quei valori e quegli oggetti che rappresentano le storture e le devianze di un mercato globalizzato privatistico, che ha un solo scopo: “produrre per vendere”, costi quel che costi (guerre, disastri, morti bianche, omicidi, suicidi, immigrazioni incontrollate, terrorismo, sopraffazioni, ingiustizie, devastazioni, ecc.) pur di fare profitto. Bisognerebbe iniziare a diventare anticonformisti, se si vuole cambiare questo trend catastrofico.


Raffaele Innato ha scritto: 3 Settembre, 2008 19:15
Cari commentatori,
noi stiamo cercando di dare una risposta alla domanda: “cosa manca alla sinistra?”.
Ebbene, in Italia esistono gli uomini di sinistra, ma non esiste la sinistra. Il PD evocato da più parti non può essere considerato un partito di sinistra. Lo ha dichiarato lo stesso Veltroni. L’arcobaleno è sfumato sul nascere. Rifondazione si è spaccata in due. In Parlamento non c’è più rappresentanza. I dirigenti della sx che si sono succeduti in questo decennio, hanno dimostrato molto attaccamento alla poltrona e poco interesse ai problemi della gente. Però, vedete quando si cerca di analizzare un problema, bisogna andare un pò a ritroso, per cercare di capire dove ricercare il guasto. Non a caso nei miei precedenti commenti, ho evidenziato che a cascata il problema nasce simbolicamente dalla caduta del muro di Berlino. Proprio, perchè i signori che governano il mondo, dovevano dare un segnale forte a coloro che avevano sognato l’idealismo socialista, per dire che da oggi il mondo diventa un’unica famiglia globalizzata, gestita da chi ha i capitali e il potere. Dopodichè, si sono mossi tutti coloro che sono legati ai signori del potere, per dottrinare la gente a seguire la nuova strada del falso benessere e della falsa democrazia.L’Italia non è stata e non è uno Stato indipendente. L’Italia non ha le risorse primarie per rendersi autonoma. Anzi, ha bisogno di legarsi necessariamente ad altre nazioni per sopravvivere. Lo ha fatto con la Russia e con gli Stati Uniti durante la guerra fredda, una parte sovvenzionava i comunisti, l’altra sovvenzionava la Democrazia Cristiana. Ora, è legata per fortuna all’Europa (non a caso è stata la promotrice dell’Europa Unita) con un occhio di riguardo agli Stati Uniti e un occhio sparso qua e là, in cerca di petrolio. Il debito pubblico dell’Italia sappiamo essere enorme e crescente. In queste condizioni è difficile fare la voce grossa, si ha bisogno di scegliere una strada che renda il paese più vivibile, meno legato e vincolato al petrolio e al gas, più efficente e meno legato alla burocrazia, una maggiore e migliore cultura con una scuola che sappia insegnare e sviluppare le menti dei giovani, per uno sviluppo produttivo reale del paese. Quindi, in questo quadro difficoltoso e problematico, ci vorrebbe una dirigenza (non in questo Governo) che sappia affrontare e risolvere in positivo i contrasti che emergono dall’influenza negativa della globalizzazione centralizzata.
E in questo, gli uomini della sinistra uniti dovrebbero far emergere l’idea che da un processo di solidarietà e di valori comuni condivisi, si possa creare quel clima di socialità necessario al paese e non solo, che porti a far comprendere le persone distratte da spot e immagini falsate, che è la strada giusta da percorrere se vogliamo far prevalere l’umanità e la vita, altrimenti, c’è solo la legge della jungla e il baratro.

01 settembre 2008

A proposito di "Giustizia".

Sabato pomeriggio, mentre ero intento a mangiare un piatto di spaghetti al sugo, guardavo la trasmissione"linea blù", e interessato alla bellezza della natura, stavo ammirando il paesaggio e i fondali dell'isola di Gorgona colonia penale prima e carcere di massima sicurezza fino ai nostri giorni. L’isola “piatta” è una risorsa unica: praterie di Posidonia vera e propria “nursery” della fauna ittica dell’alto Tirreno, le catacombe più importanti a nord di Roma, la Villa Romana di Agrippa, il Sanatorio di Punta Marchese dove fu confinato anche Sandro Pertini, una flora e una fauna caratterizzate da molteplici rarità dovute ad un’evoluzione “in isolamento” e un eccezionale flusso migratorio. Non trascurando le strutture del carcere, intese come “monumento” moderno della storia del nostro paese che va dai briganti della Maremma ai prigionieri austriaci per arrivare agli anni di Piombo e alle stragi di mafia. Nella parte più chiusa, si trovano le baie e scogliere tra le più belle di tutto l’Arcipelago Toscano. Tuttora, l’isola ospita il penitenziario ed è quindi un’isola chiusa, nella quale si può sbarcare soltanto con un permesso del Ministero degli Interni o per fondati motivi dovuti alla navigazione, come avaria di bordo o mare grosso. La sua popolazione è quindi formata soltanto da detenuti e da guardie. L’isola, malgrado la sua costa irta di rocce e spaccature, ha un aspetto pianeggiante e tranquillo: cactus, ulivi e agave, si inseriscono dolcemente in questo pezzo di terra mite di clima e di colori, che con i suoi campi coltivati a grano e orzo, colmi di assolato silenzio, ci riporta ad una immagine di vita campestre ed invidiabile.
La conduttrice, quindi, con la sua doverosa curiosità, ci porta a scoprire i luoghi e le stanze del carcere, che non hanno nulla da invidiare alle stanze di dignitose abitazioni civili, e ci spiega in che modo carcerati e carcerieri vivono la loro quotidianità: cucinano e mangiano dei buoni piatti di pesce fresco, godono di passeggiate ariose, partecipando in maniera propositiva alla vita dell'isola. Insomma, una sana e salubre vita che si possono permettere solo poche persone benestanti. La mia mente, in risposta a quelle immagini televisive mi ha rimandato in un baleno alle scene di disagio sociale, di quelle persone oneste, dignitose, ma povere che tra i rifiuti sono alla ricerca di cibo per sfamarsi.
Allora, mi chiedo e chiedo: "qual'è il limite della libertà? E quali i confini dell'ingiustizia?"